A cavallo tra i consumi modaioli e smodati della Milano da bere (che poi potremmo anche smettere di usare come espressione, insomma, basta), e i fasti della nuova ondata di locali sulla scia di Expo, l’offerta di bere di qualità a Milano aveva forse un solo nome. Di donna, anche se non è a una donna che si ispira.
Lo aveva inventato Edoardo Nono, travolgente talento dell’ospitalità, formatosi in villaggi turistici, navi da crociera in pieno Oceano, bar di provincia e finalmente qui. Era il 2002, quando insieme al socio storico Gianluca Chiaruttini decise di imbarcarsi ancora, stavolta in una traversata che lo avrebbe portato ai vertici della miscelazione cittadina (e non solo).
Il Rita è da vent’anni il bar di quartiere, di lusso, di volume, di classe, di compagnia, di moda. L’antonomasia dello star bene, l’esempio dell’accoglienza: perfetto sempre, con chiunque e a volte soprattutto da soli, intorno a un bancone da pochi anni restaurato e strepitosamente attraente, di legno sinuoso e storia da raccontare e ascoltare.
Superbo american bar, università eccellente per nomi che oggi hanno carriere di indubbio spessore (Chiara Beretta, oggi ambassador per Fine Spirits, vinse la prima Campari Bartender Competition mentre lavorava qui, poi Leonardo Todisco, Niccolò Caramiello, e innumerevoli altri); mai chiuso verso la novità e il contemporaneo, tanto da aver poi generato un bar fratello proprio sul marciapiede di fronte.
Edo ha messo la griffe sul Gin Zen, bevuta di gin, zenzero e lime che ha fatto da apripista a una vera e propria modalità di consumo poi letteralmente dilagata sul Naviglio e non solo. Quando entrerete altrove, capirete che non sarà sbagliato pensare che al Rita è cominciato tutto, più o meno. E quando entrerete al Rita, capirete perché tutti gli altri, dopo, hanno preso ispirazione da qui.
Voi magari non ci crederete, ma anche l’inferriata di un balcone può accarezzare e avvolgere lo spirito. Sinuosa, quasi sensuale, una curvacea domanda troppo affascinante forse per poterle rispondere. Lo stile Liberty, l’Art Noveau italiana, vive a Milano dinamico, sulle flessuose rientranze di piante d’acciaio, fiori in ferro battuto e palazzi di cotto opulento.
Tra fine ‘800 e inizio ‘900 Milano assiste a una reale esplosione della nuova corrente artistica, nelle discipline più varie: pittura, scultura, scrittura. Due però sono le dimensioni in cui il Liberty si estrinseca meglio per i vialoni della vecchia Mediolanum: architettura, e contro ogni pronostico, lavorazione del ferro battuto. E ancora oggi facciate e cancelli meritano una passeggiata, mentre se ne stanno là con una sana punta di altezzosità e strepitoso snobismo.
Il nostro itinerario Liberty raccoglie i palazzi e le case più rappresentative. È tutto serenamente visitabile, ma vi consigliamo di perdere qualche quarto d’ora in più semplicemente ad ammirare e passeggiare con calma davanti a ogni facciata. La missione del Liberty era in fondo questa, liberarsi dalle insoddisfazioni di una realtà industriale, per rifugiarsi nella bellezza leggera e in qualche modo profonda. Insomma, state sereni che ogni tanto va bene anche solo guardare e non fare nulla.
Scrittori, musicisti, poeti, artisti. E scultori, filosofi, premi Nobel, letterati. Poi pittori, architetti. Sono tutti transitati almeno una volta nella propria vita a Milano, che ha saputo accoglierli e coccolarli. Qui sono passate le menti più geniali che la storia, italiana e non, ha potuto partorire, nutrendosi della rete sociale che la città ha da sempre favorito e stimolato.
Non sorprendetevi di fronte cose che avrete già sentito, non stupitevi nell’ascoltare storie che non avreste mai immaginato. L’arte, tutta, è così: non si vede, passa attraverso noi stessi e lascia un sorriso di incertezza, come a chiedervi: “Ma davvero si può?”. Certo che si può.
Mentiremmo, se vi dicessimo che da subito siamo stati folgorati dalla bellezza di Milano, una volta trasferiti qui, ognuno per i propri diversi e simili motivi. Non ha di certo il fulgore di altre città italiane e del mondo, quel respirare armonia che riempie gli occhi di cartoline e i polmoni di parole. Milano ha però l’innegabile estetismo del nascosto, una sequela impensabile di angoli e dettagli e storie che ci passano sotto il naso e che noi, esotici, miopi e troppo spesso assuefatti dallo stereotipo del grigiore meneghino, lasciamo scorrere senza apprezzare.