Mediolanum, che i più romantici ritengono significare “coperta per metà da lana”: come la scrofa che Belloveso il Celto trovò proprio qui, e prese per segno divino, tanto da onorare l’apparizione fondando la città, a metà del 500 a.C. I più prosaici raccontano invece del significato “terra di mezzo”, perché effettivamente Milano era, all’epoca, nel mezzo del niente ma a metà tra nord Europa e Roma. Snodo fondamentale, quindi, per mercati, eserciti, anime.
Nel 222 a.C. venne conquistata da quei simpaticoni dei Romani, che la renderanno progressivamente uno dei centri più amati e vivi del regno. Quasi cinquecento anni dopo, nel 285 d.C., Milano sarà nominata capitale dell’Impero Romano d’Occidente: fu qui, per dirne una, che nel 313 Costantino promulgò il suo editto, che permetteva a chiunque di professare qualsiasi religione desiderasse. Non mica fuffa.
Certo non come altrove, ma i resti romani sono ben presenti a Milano, che li custodisce e li racconta con la sua consueta sobrietà. Date uno sguardo alla dimora degli Imperatori, o andate a salutarli per l’ultima volta dove andavano a riposare per l’eternità.
Per definizione, il foro era riconosciuto come il centro della vita sociale, in epoca Romana. Qui è dove la cittadinanza più varia poteva riunirsi per mercanteggiare, discorrere, ascoltare arringhe o musica, votare e informarsi: l’ombelico urbano per eccellenza. L’attuale Piazza San Sepolcro si apre dove il cardo e il decumano di allora andavano incrociandosi: e sulle rovine di quello che fu calderone di umanità, quando Mediolanum fu capitale, nel 1030 venne eretta una chiesa di famiglia, voluta dall’allora zecchiere Benedetto Ronzone. Al di sotto di quella che è tutt’oggi luogo di culto aperto al pubblico, si celano i resti e le storie più meravigliose.
Dall’interno della chiesa, o più frequentemente dall’ingresso della Pinacoteca Ambrosiana, è possibile accedere infatti alla Cripta di San Sepolcro: nome ingannevole, peraltro, perché trattasi in effetti di una vera e propria chiesa ipogea, sotterranea, e non affatto di un semplice ambiente singolo, come spesso accade. Tre navate identiche a quelle che si trovano in superficie, con archi a ogiva, affreschi originali e la riproduzione del Santo Sepolcro, che di dice contenga anche della sabbia del luogo sacro di Gerusalemme. I lastroni in pietra che potrete calpestare sono quelli risalenti, appunto, al Foro Romano.
Qui veniva a raccogliersi in preghiera l’immenso vescovo Carlo Borromeo (oggi Santo), raffigurato da una statua appositamente collocata nel cuore della cripta; e passò anche Leonardo da Vinci, che della chiesa e della planimetria di Milano realizzò degli schizzi inestimabili, custoditi nella Pinacoteca.
Novantacinque metri di diametro; venti metri di altezza, su fondamenta realizzate con un sistema di palafitte e cemento ancora oggi ritenuto come il più solido impianto costruttivo possa esistere. Il Teatro di Mediolanum, che fu voluto con Augusto Imperatore, fu autentico vanto della città già prima che questa divenisse capitale: poteva ospitare fino a ottomila spettatori (un pienone alla Scala fa 2.030 persone oggi), e per le sue caratteristiche fu luogo amato e celebrato da popolazione e regnanti.
A ingresso gratuito (ciascun ceto sociale, schiavi inclusi, disponeva di una tessera che assegnava un posto specifico della cavea, gli spalti), disponeva di un porticato esterno che fungeva da primordiale fumoir tra uno spettacolo e l’altro, oltre che di un sistema di copertura con tele, gestito dalla Marina Imperiale di stanza sul Lago di Como, che garantiva ombra e refrigerio al pubblico durante le ore da trascorrere in ammirazione. La grandezza dell’Impero passava dalla possibilità che la popolazione aveva, gratuitamente, di abbeverarsi alla cultura più varia, tra commedie, musica, rappresentazioni.
Con le invasioni barbariche (gli Unni di Attila e i Longobardi) e ancor di più con la terribile conquista di Milano a opera di Federico Barbarossa (1162), il Teatro venne distrutto, e successivamente rimase costretto nel processo di stratificazione che portò alla costruzione della città come la vediamo oggi. Servì lo straordinario carattere di Alda Levi (vedi sotto) per riconoscerne i resti, venuti alla luce durante gli scavi di costruzione di Palazzo Turati, sede della Camera di Commercio, e riconosciuti durante quella di Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa tutt’oggi attiva.
La visita ai resti del Teatro Romano è brillantemente gestita da funzionari volontari della Camera di Commercio, come il dottor Andrea Preti che ci ha ospitati, che con passione, competenza e orgoglio permettono a scolaresche, gruppi o privati cittadini di tornare indietro nel tempo e ricalcare i passi della Mediolanum, e della Roma, che furono.
Mezz’ora da trascorrere in un’immaginaria toga e con i calzari ai piedi, passeggiando per quella che doveva essere la realtà di Milano intorno al 300 d.C.; la mostra permanente al Museo Archeologico (istituito nel 1862 addirittura, partendo da una prima collezione del 1815), è un’esperienza leggera e affascinante, che vi racconterà mosaici e gioielli, mura e torri (è qui l’unica risalente al periodo romano), ma anche episodi del quotidiano, profili di popolazione, processi evolutivi.
Inglobato nel monastero di San Maurizio, il museo racconta i duecento anni della Mediolanum capitale dell’Impero, raccolti in teche e tappe tra cui vagare a basso volume: donne, i monili esposti, per quanto meravigliosi, non possono essere portati a casa.
Nel 286 d.C., l’Imperatore Diocleziano suggellò la divisione dell’Impero Romano in due macro-aree: l’Oriente rimase sotto il suo dominio, mentre l’Occidente passò sotto il comando del suo fidatissimo generale, Massimiano. Fu lui a scegliere Mediolanum come capitale, perché stanco degli intrallazzi di palazzo tipici di Roma. Ed è a Massimiano che si deve la costruzione degli edifici fondamentali di una capitale che si rispetti, dove “ogni cosa è degna di ammirazione”, come scriverà il poeta Ausonio dopo una sua visita.
Massimiano, peraltro, voleva stare comodo e si fece costruire a Milano il palazzo imperiale. Un tempo erano absidi e panorama sul circo urbano, ben poco distante. Adesso è prato incolto, gatti sonnacchiosi e resti dal fascino decadente. L’arrogante magnificenza degli scavi di Roma, così numerosi da passare criminalmente inosservati, a Milano è sostituita da una silente dignità: la bellezza è evidente ma quasi si vergogna, consapevole di essere lontana dalla nave madre e timorosa di contaminare lo slang metropolese con versi in latino. Fallendo, per fortuna, almeno in questa stradina nascosta del centro.
A quello stesso Palazzo Reale pare appartenessero anche le celebri (o famigerate) Colonne di San Lorenzo, cui è dedicata addirittura una fermata dei mezzi pubblici; altre fonti le vorrebbero invece provenienti da diversi edifici, forse un tempio. Di certo si sa che furono portate nel luogo dove sono oggi durante il Medioevo, per ultimare la costruzione della Basilica omonima.
Discusso luogo di ritrovo serale, le sedici colonne si stagliano in riga di fronte all’ingresso della chiesa, che custodisce al suo interno una perla stupenda: la Cappella di Sant’Aquilino, co-patrono di Milano insieme a Sant’Ambrogio. È la più antica della città, costruita nel 400 d.C. circa. Finalmente, dopo anni di restauro è di nuovo accessibile: i mosaici e gli affreschi all’interno sono difficilmente descrivibili per bellezza e colori.
Ai più attenti, inoltre, non sfuggirà: sulla parete opposta all’ingresso è affrescata una copia della “Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. Ma quali sono le due differenze evidenti?
Stretto tra le viottole che intersecano Cordusio e Brera, si trova quello che un tempo fu la sede del Banco Mediceo, ovvero il luogo dove la potente famiglia fiorentina dei Medici curava i propri interessi a Milano. Ludovico Sforza, per meglio ospitare il proprio omonimo, il Magnifico, addirittura gli regalò un palazzo in Corso Magenta, che oggi racchiude, seminascosto, il Giardino Terraggio. Era un elegante edificio in stile medioevale, le cui bifore sono ancora visibili nel cortile interno del palazzo, oggi adibito a complesso di studi professionali e uffici. Eppure, ancora più indietro nel tempo, qui si trovava uno dei fulcri della organizzazione civile della vecchia Mediolanum.
Su questo stesso terreno sorgeva infatti l’horreum, il magazzino: un’imponente costruzione suddivisa in compartimenti e celle, destinate allo stoccaggio dei beni di più disparata natura, dal grano agli strumenti di lavoro, dal quale l’amministrazione della città riforniva gli abitanti, e cosa più importante, l’esercito. Chiedendo il permesso al gentilissimo custode, si potrà accedere ai sotterranei del palazzo, che custodiscono i resti in laterizio della costruzione, con una parte di muratura perfettamente conservata e una vasca probabilmente dedita alla raccolta dell’acqua piovana.
(foto da http://milanoarcheologia.beniculturali.it/)
Tra il 1925 e il 1939, l’archeologa milanese Alda Levi fu attiva nella divulgazione, conservazione e nel restauro del patrimonio archeologico della città, che in quegli anni stava vivendo un esplosivo sviluppo edilizio. Levi fu responsabile di alcuni tra i rinvenimenti più importanti della storia degli scavi di Milano e dintorni: su tutte, la celebre Patera di Parabiago, ritrovata nel 1907 durante le ispezioni nelle fondamenta di una villa storica.
Nel 1938, Levi fu costretta a dimettersi a causa delle leggi razziali, e cercò rifugio a Roma. Riprese il suo posto nel 1945, cinque anni prima di passare a miglior vita. A lei è oggi dedicato l’Antiquarium di Milano: un polo museale che raccoglie una collezione di reperti relativi agli scavi effettuati nella zona dei Navigli, e soprattutto il parco con i resti dell’Anfiteatro Romano.
A Mediolanum era infatti presente il terzo anfiteatro più grande dell’intero Impero Romano, dopo il Colosseo e l’arena di Capua. I resti sono oggettivamente pochi, per quanto gradevolissimi da ammirare passeggiando nel parco, cui si accede attraverso un ex convento. Ma bastano per dare un’idea sulla maestosità dell’edificio, che secondo i rilevamenti doveva essere al pari, come dimensioni, dell’arena di Verona.
D’accordo, questa è una minuscola bugia. O quasi. Nel senso che non è propriamente la lupa di Roma, quella maestosa che allattò Romolo e Remo, e permise loro di crescere fino ad alimentare la leggenda più leggenda che ci sia, sulla Capitale. Sta di fatto che il bassorilievo è lì, ed è senza alcun dubbio di origine romana, con annessa incisione latina ancora tutto sommato visibile, se si riesce ad evitare di farsi distrarre dai graffiti. Pare sia stata parte di un tempio pagano presente in zona, poi scoperta e incastonata in un palazzo. E a noi basta così, in fondo.
Di per sé è suggestivo, anche perché sono frammenti di duemila anni fa, che solo a dirlo vengono i brividi. Fu ritrovato durante gli scavi effettuati per la costruzione del palazzo, quindi ripulito e affisso dove risiede adesso. Apparentemente, però, i veri resti si trovano nel parcheggio sotterraneo, che è riservato ai condomini: dovrete quindi accontentarvi della loro descrizione, che vi potrà essere fornita dalla passione e dall’accoglienza del portinaio. E non si sa mai che se fate i bravi magari chiude un occhio e vi lascia andare giù…
“Per esigenze di viabilità” è l’assurda motivazione che l’amministrazione diede a un autentico scempio urbano, nel primissimo dopoguerra. La Basilica di San Giovanni in Conca, risalente al V secolo, venne demolita all’inizio degli anni ’50, per lasciare spazio a strade e palazzi: uno sfregio ridicolo al patrimonio storico della città, interrotto all’ultimo momento per salvare il salvabile. Che per fortuna non è poco: oltre all’abside in superficie, visibile dalla strada, è rimasta intatta la cripta. L’unica cripta romana originale presente in città, vecchia di quasi 1700 anni. Andate a dare uno sguardo: e chiedetevi, chiediamoci, come si possa anche solo pensare di distruggere qualcosa del genere.
(La foto è per gentile concessione della nostra amica @mapetitemilano)
È rimasto ben poco, perché abbattuto circa 500 anni fa. Ma questo era il luogo dove gli Imperatori di Roma venivano messi a riposare. È accessibile, per dare uno sguardo alle pietrone che siedono lì senza parlare. Ma chissà quante storie di regnanti e personaggi immortali avrebbero da raccontare, nelle loro nicchie ormai scialbe e nei camminamenti sciupati (come d’altronde in ogni luogo di sepoltura: guarda qui). Anche i più grandi, anche i più importanti, alla fine, sono solo uomini.
Severa, quasi fredda all’esterno, ma intrisa di un enorme valore storico, una volta dentro. La Basilica di San Vincenzo in Prato è l’unica chiesa di Milano a conservare uno stile esclusivamente paleocristiano, relativo cioè ai primi tempi in cui praticare il Cristianesimo era consentito (successivamente, quindi, all’Editto di Costantino del 313 d.C.). E in quanto tale, è esempio di semplicità, chiarezza, essenzialità.
Fu costruita, pare, intorno al 700 d.C., su spinta di un sovrano longobardo. Fu dapprima dedicata alla Madonna, tanto da essere nota come basilica virginum; ma quando durante i lavori di rifinitura furono trovate le spoglie di San Vincenzo (contenti loro, a crederci), il nome fu modificato e intitolato a lui. Oltre alla Madonna del Pianto, dipinta sopra l’altare maggiore, vale la pena di scendere pochi minuti nella cripta in fondo alla navata: una splendida serie di archi e volte sotterranee, che vi riporterà indietro nei secoli.
La chiesa attraversò un periodo di curiosa dismissione nell’800, quando fu acquistata da un’azienda di coloranti e chimici. Colpiti dal fumo colorato che fuoriusciva dal campanile, durante le ore di lavoro, gli abitanti del vicinato iniziarono a descrivere la basilica come la Casa del Mago. Oggi è da considerarsi come un perfetto esempio didattico, per comprendere nitidamente lo stile paloecristiano: è inoltre ritenuta come quanto di più simile alla basilica vetus, l’antenata cioè del Duomo, sulle cui fondamenta fu costruito il simbolo di Milano.
Sarà di certo più ridotta nelle dimensioni, rispetto alle altre metropoli europee cui viene spesso paragonata, eppure Milano non manca davvero di nulla. Per ogni momento della giornata, sia essa stressante o serena, piena o pigra, attesa o maledetta, ci sarà un luogo della città adatto a essere visitato.
Alcuni di questi vanno bene sempre. Tra palazzi storici e angoli di bellezza nascosta, si scorgono infatti dei giardini che sembrano bolle di tranquillità dove potersi rifugiare se tutt’intorno è troppo veloce, ritagliare uno spazio se invece si ricerca solo silenzio. E molti di questi scorci di quiete portano con sé storie inaspettate.
Per gioco, per amore o per interesse personale, ciascuno di noi ha probabilmente provato, almeno una volta nella vita, a coltivare una collezione. La sensazione di portare avanti e custodire una raccolta, che sia monotematica o varia, alimentandola per consegnarla forse ai posteri. E magari sarà durata molto meno di quanto ci saremmo aspettati o avremmo desiderato.
Milano racchiude invece una serie di musei, fondazioni, collezioni private di totale unicità: dalle raccolte di famiglie nobili, agli studi di designer e architetti che hanno tramandato le loro idee e i loro progetti, fino alle pietre miliari della cultura della città o a veri e propri luoghi di riflessione e contemplazione, artistica o introspettiva. Che si tratti di quadri, oggetti o anche solo memorabilia, l’intera città è disseminata di occasioni per conoscere più a fondo animi preziosi. Basta solo trovare la porta giusta.
Passeggiare per le strade di Milano può rivelarsi una straordinaria caccia al tesoro. Fondata dai Romani, del cui Impero d’Occidente fu capitale, divenne poi centro culturale ed economico di un certo rilievo nel periodo Rinascimentale. Con il passare dei secoli, le nuove costruzioni si sono sovrapposte alle antiche, come spesso succede nelle città ricche di storia, senza però per fortuna cancellarle del tutto.
Gli ariosi vialoni, o le strette stradine: ogni arteria di Milano potrebbe riservarvi sorprese di incredibile bellezza, se solo saprete dove andare a cercare. I portoni più anonimi potrebbero essere scrigni di ricchezza impensabili, e chiedere il permesso a un custode potrebbe essere un lasciapassare per un viaggio nel passato. A ridosso di chiese e monasteri, all’interno di abitazioni nobiliari, o semplicemente al centro di condomini privati: i cortili e i chiostri di Milano raccontano di vite trascorse, che ancora oggi fanno sognare.
Lo sfarzo di sale affrescate, l’emozione di cortili e portici ad archi, le storie intrise di leggenda che hanno visto famiglie potenti intrecciarsi con sovrani e popolani. Milano fu centro di estrema importanza nel commercio e nella società fin dal MedioEvo, e regnanti e ricchi non persero tempo a costruirsi palazzi che ne dimostrassero l’importanza.
Scoprite allora un itinerario che vi porterà in giro per gli edifici storici, che in passato furono abitati da stirpi di valorosi, spesso poi caduti in rovina; altri ancora sono ancora di proprietà degli eredi, che con più cognomi e più interessi oggi dedicano i propri spazi privati alla valorizzazione della bellezza e del lavoro degli artisti moderni.
Perdetevi nelle immense sale da ballo, arrampicatevi sugli scaloni d’onore, percorrete i corridoi tappezzati per rivivere le atmosfere di tempi che furono, quando la brama di potere e il desiderio di cultura si fondevano in una sola, affascinante e pericolosa energia. E magari potrete chiedervi come sarebbe stato, se a vivere in quei giorni foste stati voi.
Lacrime, apparizioni, guarigioni: l’appiglio per chi crede e non ha null’altro, il dubbio per chi vuole capire di più, quando da capire c’è forse nulla. Miracoli a Milano si sono visti sin dai tempi della sua fondazione, e nel corso dei secoli le storie si sono moltiplicate.
I protagonisti sono stati dei più disparati: operai zoppi, poveri buoi, parroci con il mal di gola. A volte è un atto di speranza, altre la speranza di un atto. E anche per chi proprio non concepisce la possibilità di avvenimenti superiori, magari è una buona idea far visita in questi luoghi. Non si sa mai che si possa cambiare opinione.
L’Uomo Universale, il genio che dipinse, scolpì, costruì, progettò, sconvolse e vide oltre. Leonardo da Vinci a Milano sostò eccome (1482-1499), in una finestra di vita che gli bastò per realizzare giusto una manciata di opere destinate a segnare la cultura dell’umanità. Ci era arrivato in realtà come messo, inviato da Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, per omaggiare Ludovico il Moro con il suono di una lira progettata da Leonardo stesso (perché sì, era anche un più che discreto musicista). Rimase in quella che allora era una delle più popolose città d’Europa per dodici anni: l’assurdo capolavoro del Cenacolo rimane senza dubbio la traccia più celebre del suo passaggio qui, ma da Vinci ha disseminato per Milano svariati tasselli che contribuiscono a comporre il rompicapo della sua vita.