La comunicazione generalista, sia essa stampata o digitale, fa una fatica enorme a documentarsi e documentare come si deve il settore della miscelazione. I motivi sono i più disparati, e tra i più evidenti andrebbero ricordati la storica avversione italiana per prodotti alcolici che non siano vino, la sempre peggiore cultura generale di chi per mestiere si suppone dovrebbe divulgare (e invece ha lacune anche solo a parlare italiano, figurarsi fare ricerche e costruire una narrativa), e la tendenza a spettacolarizzare quello che va di moda, invece di raccontarlo per quello che è: in soldoni, secondo la visione media, è più utile postare la foto di un Aperol Spritz al tramonto, invece di ricordarne (nelle sedi opportune, chiaramente) la profonda matrice storico-culturale che ha dato origine al drink.
Sia chiaro, non vorrei mai vedere, o peggio ancora sentire, infiniti pipponi su come questo cocktail è nato, come quel distillato viene realizzato e tutta la valanga di chiacchiere che i bartender sono sempre piuttosto contenti di scambiare con i malcapitati di turni. Quello che mi preme sottolineare, è come il nostro mondo sia ancora considerato come piatto, senza cultura e senza radici, perdendo l’occasione di liberare invece tutto l’infinito potenziale che racchiude.
A fronte di una evidente responsabilità di chi comunica, e questo non andrebbe mai dimenticato, deve quindi esserci lo sforzo totale di chi al bancone ci lavora ogni sera: raccontare, divulgare, trasmettere. Con passione e cura dei dettagli, da amanti di quello che si fa, non da professori. Che almeno al bar ci si possa emozionare ascoltando una storia, o appassionarsi facendosi spiegare un particolare: l’obiettivo è senza dubbio vendere (anche perché altrimenti staremmo tutti in mezzo a una via, e allora sticavoli di raccontare), ma si dovrebbe sempre mirare a contribuire al sistema. Un oste che accende una scintilla nell’animo di un ospite, fa un favore a tutto il movimento dell’ospitalità, perché alimenta la voglia di chi un domani trasmetterà a sua volta, in modo salutare e soprattutto corretto, cosa il mondo del bar nasconda, che si tratti di storia, usi, gusti, ricette.
Anche perché di leggere che il Whiskey Sour è fatto con lo Scotch, vedere foto di garnish con i chiodi di garofano, e venire a sapere che il Margarita ha “un giro di sale attorno al bicchiere”, ecco, si può anche fare a meno.
Carlo