Per tutte le volte in cui vi siete preoccupati troppo di un errore. Per tutti i momenti persi a rimuginare e rimpiangere cosa avreste potuto fare di meglio o di diverso. E per tutti quei sospironi di sollievo una volta capito che si va avanti, sbagliare fa parte del gioco. Per ognuno di questi attimi, passate di qui, tra gli interni d’antan e l’atmosfera romanticamente decadente di questo indirizzo senza tempo.
Il Bar Basso era già un ritrovo adorato dal quartiere e da Milano tutta, ma è definitivamente entrato nel firmamento del bere dopo una svista. Un errore, appunto, del compianto Mirko Stocchetto, formatosi al leggendario Harry’s Bar di Venezia, che preso dal delirio serale scambiò involontariamente il gin con il prosecco, per fare un Negroni. Piacque, altroché, soprattutto ai protagonisti del mondo del design, che durante i Fuorisalone eleggono il Basso come loro seconda casa.
Oggi c’è il nuovo Stocchetto, Maurizio, che porta avanti l’ormai leggendario Negroni Sbagliato con il ghiaccio gigante e vi ricorda come gli errori, in realtà, siano sempre fonte di ispirazione. Un tempio della convivialità, da oltre cinquant’anni calamita per artisti e designer soprattutto durante le settimane dedicate. L’aperitivo è semplice, se parlate di jigger vi prendono a schiaffi e la porta è sempre aperta. Su quello non si sbaglia mai.
Lo sfarzo di sale affrescate, l’emozione di cortili e portici ad archi, le storie intrise di leggenda che hanno visto famiglie potenti intrecciarsi con sovrani e popolani. Milano fu centro di estrema importanza nel commercio e nella società fin dal MedioEvo, e regnanti e ricchi non persero tempo a costruirsi palazzi che ne dimostrassero l’importanza.
Scoprite allora un itinerario che vi porterà in giro per gli edifici storici, che in passato furono abitati da stirpi di valorosi, spesso poi caduti in rovina; altri ancora sono ancora di proprietà degli eredi, che con più cognomi e più interessi oggi dedicano i propri spazi privati alla valorizzazione della bellezza e del lavoro degli artisti moderni.
Perdetevi nelle immense sale da ballo, arrampicatevi sugli scaloni d’onore, percorrete i corridoi tappezzati per rivivere le atmosfere di tempi che furono, quando la brama di potere e il desiderio di cultura si fondevano in una sola, affascinante e pericolosa energia. E magari potrete chiedervi come sarebbe stato, se a vivere in quei giorni foste stati voi.
L’Uomo Universale, il genio che dipinse, scolpì, costruì, progettò, sconvolse e vide oltre. Leonardo da Vinci a Milano sostò eccome (1482-1499), in una finestra di vita che gli bastò per realizzare giusto una manciata di opere destinate a segnare la cultura dell’umanità. Ci era arrivato in realtà come messo, inviato da Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, per omaggiare Ludovico il Moro con il suono di una lira progettata da Leonardo stesso (perché sì, era anche un più che discreto musicista). Rimase in quella che allora era una delle più popolose città d’Europa per dodici anni: l’assurdo capolavoro del Cenacolo rimane senza dubbio la traccia più celebre del suo passaggio qui, ma da Vinci ha disseminato per Milano svariati tasselli che contribuiscono a comporre il rompicapo della sua vita.
Voi magari non ci crederete, ma anche l’inferriata di un balcone può accarezzare e avvolgere lo spirito. Sinuosa, quasi sensuale, una curvacea domanda troppo affascinante forse per poterle rispondere. Lo stile Liberty, l’Art Noveau italiana, vive a Milano dinamico, sulle flessuose rientranze di piante d’acciaio, fiori in ferro battuto e palazzi di cotto opulento.
Tra fine ‘800 e inizio ‘900 Milano assiste a una reale esplosione della nuova corrente artistica, nelle discipline più varie: pittura, scultura, scrittura. Due però sono le dimensioni in cui il Liberty si estrinseca meglio per i vialoni della vecchia Mediolanum: architettura, e contro ogni pronostico, lavorazione del ferro battuto. E ancora oggi facciate e cancelli meritano una passeggiata, mentre se ne stanno là con una sana punta di altezzosità e strepitoso snobismo.
Il nostro itinerario Liberty raccoglie i palazzi e le case più rappresentative. È tutto serenamente visitabile, ma vi consigliamo di perdere qualche quarto d’ora in più semplicemente ad ammirare e passeggiare con calma davanti a ogni facciata. La missione del Liberty era in fondo questa, liberarsi dalle insoddisfazioni di una realtà industriale, per rifugiarsi nella bellezza leggera e in qualche modo profonda. Insomma, state sereni che ogni tanto va bene anche solo guardare e non fare nulla.
Qualcuno vi osserverà sempre. Dall’alto di statue immense, o dal basso dei vostri piedi. Sono anime che esistevano davvero, spiriti che continuano a vagare o semplicemente personalità ideali che i milanesi pensano bene di portare con sé e onorare, perché non si può mai sapere.
Ognuna di queste presenze, però, ha una storia. Ed è una certa magia andare a leggerne e capirne, pensando che magari domani sarete voi a voler dare le vostre idee e la vostra voce a qualcosa che al momento e là, ma ancora non è. Una presenza, appunto.
Scrittori, musicisti, poeti, artisti. E scultori, filosofi, premi Nobel, letterati. Poi pittori, architetti. Sono tutti transitati almeno una volta nella propria vita a Milano, che ha saputo accoglierli e coccolarli. Qui sono passate le menti più geniali che la storia, italiana e non, ha potuto partorire, nutrendosi della rete sociale che la città ha da sempre favorito e stimolato.
Non sorprendetevi di fronte cose che avrete già sentito, non stupitevi nell’ascoltare storie che non avreste mai immaginato. L’arte, tutta, è così: non si vede, passa attraverso noi stessi e lascia un sorriso di incertezza, come a chiedervi: “Ma davvero si può?”. Certo che si può.
Tra il 18 e il 22 marzo 1848 il popolo milanese si lanciò in cinque giorni di ardore, successivamente noti come le cinque giornate di Milano. Furono messe in fuga, seppur temporaneamente, le truppe austriache che dominavano la città, dando un segnale decisivo circa il carattere e la determinazione dei cittadini.
Si susseguirono anni di tensione e moti, rincorse di piani futuri mescolate con le divergenze di una politica che ancora poteva chiamarsi tale. Malcontento e sogni, reazioni e progetti andavano intrecciandosi. Nelle crepe di un’Italia logora dalla Grande Guerra, si insinuò viscido il fascismo, preludio della devastazione della Seconda Guerra Mondiale.
Milano fu la città più pesantemente bombardata del nord Italia, e tra le più coinvolte nell’orrore delle deportazioni. La metà degli edifici fu colpita da una pioggia d’odio e bombe: quasi 200.000 sfollati, più di duemila morti. Restano testimonianze visibili e visitabili, perché dimenticare sarebbe un ulteriore gravissimo crimine.
Mentiremmo, se vi dicessimo che da subito siamo stati folgorati dalla bellezza di Milano, una volta trasferiti qui, ognuno per i propri diversi e simili motivi. Non ha di certo il fulgore di altre città italiane e del mondo, quel respirare armonia che riempie gli occhi di cartoline e i polmoni di parole. Milano ha però l’innegabile estetismo del nascosto, una sequela impensabile di angoli e dettagli e storie che ci passano sotto il naso e che noi, esotici, miopi e troppo spesso assuefatti dallo stereotipo del grigiore meneghino, lasciamo scorrere senza apprezzare.