Sono settantasei i raccoglitori in formato A3 che il Professore ha già messo in ordine, ciascuno contenente almeno sessanta tra stampe, citazioni e riferimenti: ci si dedicherebbe ancora di più se potesse, ma ogni anno che torna a Capri, la vita sociale, come nella tradizione locale, è clamorosamente densa. C’è qualcosa da fare praticamente ogni giorno, che sia la presentazione di un libro, un concerto all’aperto, una cena da amici di lunghissima data, un torneo di carte: lo conoscono e lo rispettano tutti e ovunque sull’isola, soprattutto perché esponente di una generazione come ormai non se ne trovano più, di quelli che tolgono il cappello per salutare una signora, comprano tre giornali ogni mattina e per fare cento metri impiegano venti minuti, con tutte le persone che si fermano a salutare. Non si fatica per nulla a immaginarselo, ad esempio, nella Capri di metà Ottocento, quando a fare da centrifuga per idee e ideali era, inutile dirlo, un bar.
E che bar: lo Zum Kater Hiddigeigei, il gatto dal nome strano, così chiamato perché ispirato a un verso del poema Il Trombettista di Sakkingen, composto nel 1853 a Capri da Victor von Scheffel. Il poeta aveva firmato le rime per dedicarle a Manfredi Pagano, all’epoca oste dell’omonimo hotel, il primo e più importante di Capri, oggi La Palma, acquisito da un gruppo tedesco e in ristrutturazione fino al 2022. Il nome del bar fu naturale calamita per i tedeschi, da sempre popolo affezionatissimo a Capri, che qui trovavano primizie del loro paese come salsicce e soprattutto birra alla giusta temperatura (raffreddare e congelare, all’epoca, costava un polmone); lo Zum Kater fu però tempio di convivialità per chiunque avesse bisogno di bere, mangiare, leggere, fumare, discutere, a prescindere dalla bandiera di provenienza. Fu ad esempio il vero teatro di prova per la rivoluzione russa del 1917, teorizzata ai tavoli di quella che oggi è via Vittorio Emanuele da Maksim Gorkij, che spesso finiva per pagare il conto di fine giornata a tutti gli avventori e che qui ospitò Lenin in una delle sue estati di preparazione.
(la foto in basso è di Giorgio Sommer, straordinario occhio di Napoli e dei suoi dintorni tra fine ‘800 e inizio ‘900)